NO AL REDDITO DI CITTADINANZA; SI AL DIRITTO AL LAVORO

Solo chi, per gravi motivi fisici/mentali, accertati, non può lavorare ha diritto a ricevere un reddito di invalidità adeguato che, tenuto conto delle condizioni, consenta una vita decente e sicuramente sufficiente, incluso il costo di eventuale accompagnatore (se necessario) o assistenza sanitaria (purtroppo oggi si assiste a pensioni di invalidità assolutamente insufficienti).

Una mia cara amica mi mette in guardia: “se tocchi il reddito di cittadinanza non avrai i consensi dei poveri, guarda il M5S, l’unica ragione per cui ancora un pochino regge è perché concede il reddito di cittadinanza”.

Sono d’accordo che è importantissimo occuparsi dei poveri. E’ sul “come” che la penso diversamente.

Le persone povere hanno diritto ad essere “agevolate” affinché ricevano un lavoro.

Cosa è meglio per un povero?
Vivere con una modesta elemosina di stato o percepire uno stipendio pieno?

Cosa è meglio: vivere da povero con un contributo minimo, sentirsi povero, essere un peso per la società oppure vivere con la dignità di chi si guadagna una retribuzione “piena” lavorando; di chi col proprio lavoro contribuisce al benessere della società?

Il povero che “vuole” restare disoccupato con la paghetta minima di Stato, è un parassita sociale, un perdente, non può avere pensieri “positivi”, vincenti, ma solo pensieri da povero e da elemosinante.

Invece di dare quei soldi alle persone in cambio di zero, è più giusto e conveniente investire quei soldi per creare posti di lavoro per queste persone.

Lo stato crea una piattaforma web con l’elenco (e un mini curriculum standardizzato) delle persone aventi diritto a questa agevolazione in modo che siano facilmente rintracciabili da parte delle aziende. Questa potrebbe essere una mini proposta perfettibile: ogni azienda ogni 12-15 dipendenti può assumere una persona avente diritto all’agevolazione e quei soldi vengono scalati dalle tasse all’azienda. In questo modo la persona povera ora avrà un lavoro e guadagnerà uno stipendio pieno (al posto dell’elemosina di Stato) e l’azienda che lo assume ha un dipendente che gli costa circa 700 euro in meno al mese e grazie a quel costo ridotto può assumere delle persone in più e provare ad espandersi. Così cresce anche l’economia. E persino lo stato ci guadagna perché anche se l’azienda risparmia 700 euro al mese su quella persona, comunque le tasse per ogni lavoratore sono sempre maggiori di tale importo. Quindi agevolare e sostenere i poveri per lo Stato non inciderebbe negativamente sul bilancio dello Stato, anzi ci guadagnerebbe.

Un’altra proposta potrebbe essere che anche le microimprese che hanno da zero fino a un massimo di 2 dipendenti possono assumere una di queste persone e questa misura le aiuterebbe a crescere, oltre che creare occupazione.

Non possono far parte dei “Cuori Ribelli” gli elemosinanti che vogliono restare tali pur di non lavorare. Vadano altrove. Non cerchiamo consensi ad ogni costo.

Ben vengano i poveri che vogliono ritrovare la dignità per sé stessi e migliori condizioni di vita grazie al lavoro.

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